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Retribuzioni convenzionali lavoratori all’estero 2022 solo per i settori indicati dal decreto – Interpello 54/2021 Agenzia dell’Entrate

“Stiamo facendo riferimento ai lavoratori che conservano la residenza fiscale italiana*. Il concetto di residenza fiscale è quello previsto dall’articolo 2 del DPR n 917/86. Ovvero in caso di assunzione da una società estera, o in distacco temporaneo all’estero,  questo reddito deve essere tassato in Italia. Tuttavia, per questi lavoratori è prevista un’agevolazione fiscale. E’ possibile tassare in Italia non tanto la retribuzione effettivamente percepita, ma una retribuzione figurativa. Retribuzione che viene definita retribuzione convenzionale. Questo in quanto è definita annualmente con decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
L’Italia con riferimento ai redditi di lavoro dipendente ha adottato, per la maggior parte dei trattati contro le doppie imposizioni, l’articolo 15. Come formulato dal modello predisposto dall’Ocse. Tale disposizione prevede, in via generale, che:
1. i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve quale corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato (di residenza)
2. Questo a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato (estero) contraente. Se l’attività è qui svolta, le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in questo altro Stato
In base a tale regolamentazione, quindi, in questi casi vi è una tassazione concorrente.

In deroga a tale regola generale, il comma 2 dell’articolo 15 stabilisce che le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente (Italia) riceve in corrispettivo di una attività dipendente svolta nell’altro Stato (estero) contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato (di residenza) se:

      • Il beneficiario soggiorna nell’altro Stato (estero) per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni in un periodo di dodici mesi che inizi o che termini nel corso dell’anno fiscale considerato;
      • Le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato (Stato estero);
      • L’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato (Stato Estero).

Quella che ho delineato fino ad adesso, è la normativa generale riguardante la tassazione dei redditi da lavoro dipendente estero. Tuttavia, in alcuni casi, per i lavoratori dipendenti che lavorano all’estero, la normativa interna consente un’agevolazione. Infatti, al verificarsi di alcune condizioni è possibile tassare in luogo del reddito di lavoro subordinato effettivamente percepito le retribuzioni convenzionali. Sul punto, l’articolo 51comma 8-bis, del DPR n. 917/86.

Le condizioni per l’applicazione delle retribuzioni convenzionali è la seguente:

  • Il lavoratore dipendente sia fiscalmente residente in Italia;
  • Svolgimento di lavoro dipendente all’estero in via continuativa che opera in uno dei settori di attività individuati nel nel decreto ministeriale sulle retribuzioni convenzionali;
  • Il lavoro sia oggetto esclusivo del rapporto;
  • Soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni anche non consecutivi.

Qualora non trovi concreta applicazione una delle condizioni esposte non potrà trovare applicazione l’applicazione delle retribuzioni convenzionali per la tassazione del reddito. In questo caso il reddito deve essere dichiarato prendendo a riferimento la retribuzione effettivamente percepita (secondo il principio di “cassa“).

Ai fini dell’applicazione delle retribuzioni convenzionali ci appare opportuno soffermarsi su un aspetto importante descritto in precedenza, il requisito dell’esclusività del rapporto di lavoro. L’attività lavorativa deve costituire l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, pertanto, l’attività lavorativa deve essere integralmente svolta all’estero.
E’ il caso, ad esempio del compimento di fiere o missioni presso clienti stranieri, fiere o trasferte presso società collegate estere. In questi casi la mansione appare accessoria rispetto all’attività svolta in Italia. In pratica, quindi, l’unico oggetto del rapporto di lavoro tra azienda e dipendente deve essere lo svolgimento di attività lavorativa all’estero.
E’ necessario, quindi, stipulare uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione in via esclusiva all’estero e collocare il dipendente in uno speciale ruolo estero.
Sul punto vedasi i chiarimenti della risposta ad interpello n. 345/E/2021 dell’Agenzia delle Entrate.

Per buona nota, non permette l’applicazione delle retribuzioni convenzionali il fatto di operare in settori lavorativi per i quali il ministero non ha previsto l’applicazione delle retribuzioni convenzionali. Inoltre, la retribuzione convenzionale non trova applicazione quando lo Stato estero preveda che la tassazione del reddito da lavoro dipendente debba avvenire esclusivamente in loco. E non anche nello stato di residenza fiscale del lavoratore. Questo aspetto è disciplinato nella convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra l’Italia e lo Stato estero in questione. Ricordo, che la normativa convenzionale prevale comunque sulle normative fiscali nazionali, altro motivo ostativo è  che non si applica ai dipendenti in trasferta

Il contribuente fiscalmente residente in Italia che presta la propria attività lavorativa all’estero per conto di un datore di lavoro estero deve dichiarare quanto percepito al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato estero.”

*Ai sensi dell’articolo 2 del DPR n 917/86 si considerano residenti fiscalmente in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo di imposta, rispettano uno dei seguenti requisiti:
 Risultano iscritte all’anagrafe della popolazione residente nello Stato;
 Hanno il domicilio nello Stato. Ovvero hanno stabilito la sede principale dei loro affari ed interessi, anche morali e sociali, nello Stato;
 Hanno la residenza nello Stato. Hanno dunque in Italia la loro dimora abituale, cioè il luogo nel quale normalmente si trovano.
 Il criterio della maggior parte del periodo d’imposta è verificato se il periodo di permanenza è di almeno 183 giorni anche non continuativi nell’anno. I predetti requisiti sono alternativi tra loro e non concorrenti. Questo significa che è sufficiente il verificarsi di uno soltanto di essi affinché un soggetto venga considerato fiscalmente residente in Italia.

 

Ora possiamo passare alla disamina della sentenza

Con l’interpello n. 54 del 31 gennaio 2021 l’Agenzia delle Entrate  ribadisce  un importante aspetto  sull’applicabilità delle retribuzioni convenzionali utilizzate per l’imposizione IRPEF sul lavoro svolto all’estero.

il caso riguardava un  cittadino italiano iscritto all’AIRE ma fiscalmente residente in Italia, che chiedeva la legittimità dell’applicazione della retribuzione convenzionale per il lavoro svolto dal 2016 alle dipendenze di una associazione senza scopo di lucro “ essenzialmente scientifica e di utilità internazionale”  che eroga prestazioni di servizi in un Paese dell’Unione europea . Il contribuente opera con la qualifica di “Quadro aziendale” nel ruolo di “Direttore Tecnico”, poi divenuto ” Direttore Regolamenti Tecnici”.

In particolare  il cittadino ritiene che, nel suo caso, possano trovare applicazione le ” retribuzioni convenzionali” con applicazione degli importi previsti per il settore “Commercio”, qualifica “Quadro”, nelle tabelle per l’anno 2020 di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell’11 dicembre 2019.

Il parere dell’agenzia: i settori ammessi alle retribuzioni convenzionali

Nella risposta l’Agenzia ricorda che in generale, a norma dell’art 51 comma 8 bis del TUIR  “il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro “

 Il citato criterio  si rivolge a quei lavoratori che, pur svolgendo l’attività lavorativa all’estero, continuano ad essere qualificati come residenti fiscali  in  Italia  alle seguenti condizioni:

  •  – il lavoratore, operante all’estero, sia inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto del citato Ministero fissa la retribuzione convenzionale;
  •  – l’attività lavorativa sia svolta all’estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
  •  – l’attività lavorativa svolta all’estero costituisca l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l’esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all’estero;
  •  – il lavoratore nell’arco di dodici mesi soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.

L’agenzia evidenzia che le categorie per le quali il decreto del Ministro del lavoro fissa le retribuzioni convenzionali  riguardano  esclusivamente  il settore privato e che  per l’anno 2020 i settori previsti nel  decreto 11.12.2019 con riferimento alla qualifica di “Quadro” ,sono 

  • “Industria”,
  •  “Industria edile”,
  •  ” Autotrasporto e spedizione merci”,
  •  “Credito”, 
  • “Agricoltura”, 
  • “Assicurazioni”, 
  • ” Commercio” e 
  • “Trasporto aereo” e

 ricorda che la circolare 20 del 2011 sottolineava che “La mancata previsione nel decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente costituisce motivo ostativo all’applicazione del particolare regime”.

Per il caso di specie  l’agenzia  conclude che la retribuzione convenzionale  non è applicabile al dipendente di una associazione senza scopo di lucro “essenzialmente scientifica e di utilità internazionale”, che secondo l’ordinamento giuridico del paese di residenza, è catalogata tra le “Organizzazioni che forniscono servizi e sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi” in quando non assimilabile al settore Commercio, come suggerito invece  dal contribuente.

Tabella

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